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Associazione Partite Iva: Rottamazione Quater da Scherzi a Parte

“Dopo quanto successo nel 2020 e dopo l’annuncio della spedizione di 50 milioni di atti del fisco, sentir parlare il viceministro all’Economia, Laura Castelli, di dare respiro a quei contribuenti che si trovano in difficoltà e scoprire che il dare respiro consiste in uno sconto sulle sanzioni e sugli interessi, piuttosto che un breve rinvio oppure la rottamazione di qualche vecchia cartella inferiore a mille euro, viene il dubbio di essere su scherzi a parte”.

Questa la nota dell’Associazione Partite Iva Insieme per Cambiare, movimento spontaneo nato un anno fa su Facebook e che oggi raccoglie più di 450 mila iscritti tra il gruppo nazionale e quelli regionali.

“La pandemia – spiega il presidente Giuseppe Palmisano – è stata governata con una straordinaria follia normativistica. La potenza di fuoco annunciata si è rivelata inconsistente rispetto ai danni realmente subiti: si è favorito l’indebitamento delle imprese che è quanto di più deleterio si possa immaginare. Al contrario, altri Paesi hanno saputo indennizzare le attività in modo serio sulla base delle perdite effettive con procedure semplici e tempestive garantendo la stabilità del potere di spesa delle persone. Se lo Stato non ha saputo proteggere il comparto produttivo dal collasso, se lo Stato non ha pagato i giusti indennizzi, lo stesso Stato ora non può pensare di battere cassa con metodi autoritari e perversi come l’accertamento esecutivo, cioè prima paghi poi discuti”.

E ancora: “Una cosa è certa: se questi sono i presupposti, la ripresa economica del Paese sarà ancora una volta una chimera. L’Associazione partite Iva Insieme per Cambiare respinge con fermezza qualsiasi ipotesi che non preveda l’azzeramento dei debiti fiscali pregressi, a meno che lo Stato non risarcisca l’effettiva reddività persa”.

Secondo la Banca Mondiale, l’Italia è il Paese industrializzato con la più alta pressione fiscale sulle imprese, arrivata al 65 per cento, ma che con altri balzelli e adempimenti, raggiunge nella realtà l’80 per cento. Senza considerare che, dal 1990 a oggi, la tassazione è aumentata di 300 miliardi di euro.

Notizia su CORRIERE DELL’ECONOMIA

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