I limiti per l’accesso al contributo introdotto dal decreto Sostegni vanno oltre i requisiti previsti per poter fare domanda.
La prima verifica da fare per determinare se si rientra o meno nella platea di contribuenti beneficiari del contributo a fondo perduto consiste nel controllare i casi di esclusione esplicitamente indicati all’articolo 1, comma 2, del decreto n. 41 del 22 marzo 2021.
La data spartiacque del 23 marzo 2021 relativa all’apertura o chiusura della partita IVA è il primo paletto da tenere a mente. Non possono accedere al fondo perduto gli enti pubblici, al pari di intermediari finanziari e società di partecipazione.
Il contributo a fondo perduto previsto dal decreto Sostegni spetta ai titolari di partita IVA che rispettino i seguenti requisiti:
ammontare di ricavi e compensi conseguiti nel 2019 non superiore a 10 milioni di euro;
importo della media mensile del fatturato e dei corrispettivi nel 2020 inferiore almeno al 30 per cento rispetto al 2019.
Non è richiesta la verifica del calo di fatturato ai soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019.
Su questo punto è bene chiarire un aspetto che sta preoccupando non poco i professionisti e le aziende che dovranno predisporre le domande: c’è un incongruenza tra le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate – secondo le quali i contribuenti che hanno aperto la partita IVA dal 1° gennaio 2019 con calo di fatturato inferiore al 30% hanno diritto al contributo minimo – e quanto previsto dal Decreto Sostegni, provvedimento nel quale, invece, risulta che il contribuente con partita IVA aperta nel 2019 e calo inferiore al 30% di fatturato ha diritto comunque al contributo pieno, anche se superiore al minimo.
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